Quando guardo un percorso su una mappa, da lontano, dal basso o dall’alto la percezione che non ho mai è quanto sarà effettivamente difficile, lungo o corto al di là delle previsioni e dei calcoli, ma soprattutto quanti e quali particolari e dettagli mi regalerà.
Col tempo e ripercorrendo gli stessi percorsi ad ogni stagione, delle stagioni ho imparato il tempo, il colore, la temperatura giusta per affermare “è inverno, primavera, estate, autunno”. Ma soprattutto ogni stagione porta con sé i suoi fiori ed i suoi frutti che come tutte le lingue del mondo non si può vivere abbastanza una sola vita per godere di tutti i loro contenuti.
Mi ricordo che stavo studiando per la laurea in biologia e la botanica proprio non mi andava giù, non la comprendevo, non mi apparteneva, pensavo fissatamente come un chiodo che non mi serviva a nulla per lo scopo che avevo in mente allora. Ma non solo gli esami non finiscono mai (cit.Edoardo), ma sicuramente nella vita possono cambiare gli scopi in un batter d’occhio.
Ma una volta una scena di un film in cui un ragazzo studente di medicina era alle prese con una materia incomprensibile dalla sua prospettiva in proiezione futura, sconfortato ascoltò il consiglio della sua fidanzata la quale suggerì lui, e insegnò anche a me, di cercare nelle materie più ostiche qualcosa che si avvicinava al suo modo di essere e di vivere, anche solo al proprio modo di pensare, e che anche se non l’avesse trovato in quel momento, lo studio permette sempre di fare bagaglio di ciò che scopriremo come utilizzare dopo, nel nostro cammino di vita ad un certo impreciso momento che la vita stessa deciderà di svelarci.
Quando nel 2012 decisi di intraprendere la via del cammino, tra i sentieri di montagna o di semplice campagna o di fascia costiera, ecco che la botanica, anni dopo, si ripresentò sventolando fiera la sua bandiera.
Fiori della Sicilia
E così tutti quei fiori e fiorellini che dalla primavera in poi fino alla fine dell’estate e le relative piante tra l’autunno e l’inverno che si schiudono ai nostri occhi, olfatto e gusto hanno catturato la mia attenzione, curiosità, studio, passione, idee, da biologa e guida camminatrice alimentando la voglia immensa di condividere le loro proprietà antiche e moderne e future per non perdere il patrimonio più importante che ognuno di noi eredita senza successioni né notai: la natura, compresa la propria.
Di tutte le immagini che seguono alle parole, fotografie scattate da me durante 8 anni di walking in Sicilia orientale, Etna, Catania, Acitrezza e Acicastello, Valle dell’Alcantara, Riserva del Plemmirio, di Eloro, di Ispica, e delle mie adorate Isole Eolie – Filicudi, Alicudi, Salina, Lipari, Vulcano, Panarea e Stromboli, alcune sono qui di seguito approfondite, senza scopi troppo didattici riservati a libri e personalità ben più autorevoli, ma solo per stimolare la ricerca e la conoscenza delle radici della nostra terra, che vanta il suolo più fertile del mondo, quello del mediterraneo dove tutti hanno lasciato un seme perchè desse i suoi fiori, frutti ed erbe magiche proprio a noi: i SICILIANI.
Il raggruppamento segue la logica del colore. I nomi tecnici e comuni e la localizzazione geografica sono indicati nella didascalia delle foto.
Il blu e il viola
Sono due colori che quando non sono distinti sono intrisi l’uno dell’altro con sfumature irriproducibili, se non addirittura nascosti.
Ho osservato la pervinca alla quale il Pascoli dedicò la seguente poesia:
«So perché ad un pensier di cielo
misterioso il tuo pensier s’avvinca,
sì come stelo tu confondi a stelo,
vinca pervinca.»
Ispirandosi all’amore e a questa pianta per le sue proprietà anche velenose forse. La pervinca infatti contiene l’alcaloide vincristina.
Le viole o violette sono prima di tutto un’associazione alla mia infanzia, profumate mi annunciavano la primavera e i pochi ricordi che ho di mio nonno, un contadino commerciante di limoni che ci ha insegnato a “dirlo con i fiori”. La viola è anche commestibile e ha buone proprietà benefiche per i reni.
La scarlina è una pianta mellifera di quelle contenute nel miele millefiori, la cui costituzione ovviamente varia a seconda dell’areale floreale di cui godono le api.
La Vicia benghalensis è un ottimo e insospettabile foraggio.
Il lupino e la cicerchia selvatici li abbiamo entrambi ereditati dai Romani vegetariani che li usavano come fonte proteica 100% vegetale. Il lupino veniva usato già dagli Inca e dai nativi americani, dai quali nave dopo nave arrivò in Europa e in Sicilia.
Il bulbo interrato del lampascione resta più protagonista della sua chioma colorata. Addirittura ne organizzano una sagra in Puglia ad Acaya. I fiori più bassi lungo lo stelo sono fertili, quelli della chioma che ricorda il piumaggio di un uccello in amore no. Chissà quale messaggio visivo segreto nasconda destinato a chi.
Il guado o gualdo mi ha fatto penare non poco. Scientificamente è la Isatis tinctoria, Isatis perchè serviva a lisciare le pelli e tinctoria perchè le tingeva di blu pastello contenuto nei suoi steli. Utilizzata sin dal neolitico, poi dagli Egizi per tingere i teli per avvolgere le mummie, in Italia arriva con gli eretici Catari nel Medioevo in Piemonte dove l’industria tessile fioriva dando molto benessere, tant’è che il panetto di colore blu derivato dalla pianta era chiamato dal francese cocagne, da qui cuccagna. Il padre di Piero della Francesca per esempio era un commerciante di guado.
E veniva dal guado il blu per tingere la tela degli arazzi e dei blue jeans.
La violaciocca, insieme alla drimia e all’asfodelo ci dice che in profondità nel nostro suolo c’è la sabbia, da dove si innalzano le sue radici. Un buon marker per farci capire che le nostre isole son venute fuori dal mare.
L’orchidea farfalla fa parte di un grande gruppo di orchidee selvatiche che ci onorano della loro presenza sull’Etna e alle Isole Eolie. Sono straordinarie. Sempre in penombra, sempre poche, isolate, ma distinte.
La borragine è una pianta dalle ottime proprietà salutari, le foglie scaldate e condite con un buon olio d’oliva sono una panacea per la nostra pancia e i fiori commestibili oltre che godere di una sofisticata architettura stellata sono perfetti per abbellire e condire i formaggi e i dolci a base di ricotta.
Il fiore del cappero merita un blog a parte. Esso è solo uno step intermedio tra la gemma, che è il cappero vero e proprio, e il frutto ossia il cucuncio, anch’esso commestibile e di grande unicità gustativa. Base dell’economia eoliana, e della cucina eoliana, ne esalta l’essenza salina ma resta un frutto della terra.
La malva è ideale come tisana digestiva. le sue gemme prima della fioritura sono commestibili e ricordando la forma di una mini rosetta di pane si chiamano panuzzo do Signuri.
Il crocus viola o giallo nasconde il pistillo dello zafferano, una spezia d’oro che dall’Oriente è arrivata fino al Mediterraneo siciliano.
Il trifoglio bituminoso è sempre un gioco per l’olfatto. Quando ne raccogli una foglia abbastanza grande e la sfreghi tra le dita rimangono impregnate di un odore di bitume, e quando chiedo: “che odore sentite?” dopo un pò di perplessità la risposta arriva. E’ usato come marker ambientale per la presenza sotterranea di petrolio che in zone a più alta concentrazione si manifesta anche con le tipiche macchie scure sulla roccia bianca, più visibili nella parte sud orientale dell’Isola in corrispondenza delle campagne di Siracusa e Ragusa. In passato veniva utilizzato per le sue proprietà febbrifughe.
Al rosa e al rosso
Ad essi appartengono appartengono il garofano selvatico, l’orchidea ofride, il Sedum caeruleum, il papavero, il ciclamino, la cicerchia selvatica, la Fumaria muralis, il trifoglio stellato e anche il cardo mariano che con la sua silibina, oltre le foglie, le radici e i semi è più una pianta terapeutica che una verdura selvatica. Una potente curatrice del fegato, la nostra centrale metabolica.
L’aglio selvatico è una rivelazione che adoro dissotterrare. Nessuno dei clienti si aspetta mai di trovarci l’aglio lì sotto, e invece c’è e il suo odore è fine e naturalmente selvatico allo stesso tempo, un pò come me, mi incanta.
La sulla è una pianta magica. Ci preannuncia che i formaggi fatti con il latte delle capre, delle pecore e delle mucche che mangeranno quei bellissimi fiori rossi saranno i più dolci dell’anno. Non perdete mai l’occasione di assaggiare la ricotta siciliana in tempi di sulla. La sua comparsa è così breve e colora i campi di un rosso così soffice che si dice: “sii ‘nda suda” per indicare uno stato di benessere fisico e mentale, che infatti dura poco. Anche le api l’adorano e la trasformano in un miele buonissimo.
L’erba miseria o Tradescantia l’ho trovata ad Alicudi e ho imparato che dentro quelle foglie-ali di vario colore c’è sempre un fiorellino rosa o bianco. E’ molto delicata e ha origini messicane. La mia preferita è la navicularis ma anche la pallida.
L’ipocisto rosso non passa inosservato, appena si intravede compare la domanda che ci riporta alla curiosità dei 3 anni “e questo cos’è??” E’ L’ipocisto, una pianta parassitaria delle Cistacee, gli manca in poche parole la clorofilla. Le foglie squamiformi esterne sono sempre rosso carminio e l’involucro del fiore o bianco o giallo. Quello giallo non l’ho ancora incontrato.
L’asfodelo della famiglia delle Liliaceae, questo principe rosa nel regno delle api, il cui fiore sembra di per se un’ape se lo guardi da lontano. E da lontano arrivano gli utilizzi di questa pianta: dai Greci i quali utilizzavano i suoi fiori per adornare le tombe, ai Romani i quali usavano piantarli davanti le case di campagna perché tenevano lontani gli spiriti maligni. Letteralmente asfodelo significa ciò che resta che perdura nella valle, perché il bulbo permane anche dopo gli incendi rigeneranti nei pascoli, dove le capre adorano sia i fiori che i semi che poi spargono ovunque rendendo questa pianta indebellabile.
In Italia sono degni di menzione gli utilizzi in Sardegna dove se ne produce un raro miele e dove i cesti fatti con le sue radici intrecciate facevano parte del corredo delle spose. In Puglia dove tutt’oggi usano le foglie per innescare la preparazione di una speciale burrata, mentre in Sicilia ci siamo specializzati nella cottura dei tuberi teneri, scaldati e conditi. Il succo dei tuberi aveva anche funzione antiparassitaria e lozioni ed acque preparate con radici e fiori di asfodelo venivano utilizzate dalle nostre donne per usi cosmetici tra cui sbiancare la pelle.
Nell’accezione sacra la storia biblica dice che per designare il marito di Maria il Signore indicò come segno divino di cercare un uomo che portasse un bastone ricoperto di fiori ed ecco che arrivò Giuseppe che portava con sé una pianta di asfodelo fiorita da qui si indica l’asfodelo come il bastone di San Giuseppe.
E per concludere con i tempi moderni citiamo il primo libro della saga di Harry Potter il quale usò l’asfodelo in polvere versato in un infuso d’artemisia per produrre una pozione soporifera talmente potente da andare sotto il nome di “distillato della morte vivente” e da qui ci ricolleghiamo al passato perchè la ruota della storia non finisce mai di girare.
Il silene rosa come quello bianco appartengono ad un gruppo di oltre 700 specie. Mi hanno insegnato che nonostante tutti sembrino uguali ognuno in realtà è unico e diverso, bisogna solo guardare bene. Silene è il femminile di Silenus, una divinità greca dei boschi. La scienza della botanica li utilizza per studiare i movimenti e i meccanismi dei sistemi nei campi dell’ecologia e della biologia evolutiva come modello per capire la determinazione sessuale sin dai tempi di Linneo, 1700.
Il silene bianco è anche chiamato Scipeti o Cannatedda, e le foglie sono utilizzate dai contadini locali, e anche da me, per preparare un risotto dolcissimo. Il silene rosa invece è l’Hicesiae Brullo&Signorello.
La rosa canina è la nostra bomba rossa alla vitamina C. Una tisana a base di frutti di rosa canina è una pozione magica contro il raffreddore, provare per credere.
Il bianco candido
Anche qui compare l’aglio ma è l’aglio pelosetto, la Nigella damascena, un’altra orchidea selvatica, il trifoglio bianco, la vulneraria, il silene, e l’Eryngium.
Della carota selvatica si mangiano le infiorescenze fritte in pastella. Mentre il bulbo della Drimia marittima è una grossa cipolla detta marina che resta sempre interrata e sopravvive al fuoco, mentre il suo lungo stelo fiorito compare ad agosto e ci avvisa che l’estate volge al termine. Del bulbo fatto a fettine e disidratato si annoverano tante proprietà terapeutiche tra cui quella cardiotonica.
Il giallo e arancio per me hanno come sfondo il mare
Il Chritmum maritimum è un finocchietto marino, croccante già alla vista. Una mia amica di Filicudi mi ha insegnato una ricetta straordinaria per ammorbidirlo e poi unirlo alle insalate. Basta bollirlo in acqua acidulata fin quando non cambia colore, 10 minuti al massimo, quindi scolarlo, aspettare che si asciughi e raffreddi e riporlo in vasetti ermetici con olio e uno spicchio d’aglio. Dopo un mesetto di riposo è pronto. Senti il mare.
La ginestra è ovunque, dalle montagne delle Isole Eolie a quelle dell’Etna. La ginestra è stata tra le prime piante ad essere impiantata sul terreno vulcanico inaccessibile, come i cactus e i pistacchi, in quanto le loro radici riescono a spaccare la lava meglio dell’uomo, e così aumentare la superficie coltivabile. Il profumo dei fiori di ginestra è inebriante, un’esperienza olfattiva tridimensionale.
La cardella o grispino e la costolina o ingrassaporci sono piante spontanee ottime lessate e condite, ci sono cresciuta e ritrovarle oggi è un miracolo che mi meraviglia sempre.
La sanicula appartiene alla famiglia delle carote e della pastinaca che hanno tutte ottime proprietà anti-infiammatorie.
L’euphorbia è la prima albero-pianta che esplode all’inizio del primo tepore primaverile da un tronco che può arrivare fino a oltre 4 metri di altezza e ha trovato tante destinazioni d’uso. La precedenza ai pastori, che maturo ma ancora non secco lo avvolgono con del fil di ferro per renderlo dritto per poi diventare un imbattibile bastone da pascolo. In tempi già moderni si è poi adoperato per costruire comodissimi sgabelli che si trovano ancora nei mercatini di paese. Sotto il fogliame e della ferula crescono degli ottimi funghi detti comunemente “di ferla”.
Lascio ai fiori di zucca la magia di ammaliarvi con il loro sapore unico quando escono ripieni di mozzarella, un’acciuga e fritti.
Infine la calendula, il fiorrancio selvatico, di cui si utilizzano i fiori sia crudi nelle decorazioni di antipasti e dolci che cotti nelle zuppe e risotti. Molto impiegata nelle preparazioni erboristiche per le sue proprietà depurative del sangue, antinfiammatorie, cicatrizzanti, antisettiche e antivirali.
La Natura è un sipario che ad ogni fiore ci rivela fonti di studio infinite che collegano il passato al presente tramite l’evoluzione, e la RICERCA teorica e pratica.